La mia storia è sicuramente come tante altre, ma essendo io il soggetto, purtroppo si è trasformata in un incubo. Avevo 23 anni il mese di febbraio il 22, del 2001, tra una giornata di sole e persino una strana aria calda è stato il giorno più inspiegabile, più assurdo, in tutti i suoi sensi, della mia vita. Nessuno era pronto non c'era nessun presupposto per ciò che stava per accadere e soprattutto io non ero assolutamente in grado di lasciarlo andare, in quel momento, in quella parte del mio percorso, ma soprattutto nella mia vita: avevo solo 23 anni, come i miei fratelli che ne avevano 19 quasi 20, e 16, e poi c'era mia mamma...Dio...mia madre....
In quel periodo lavoravo, facevo, l'operaia ma ero in mutua quando arriva una telefonata; un amico ci avvisava che papà non stava bene. Era al giardino, ci era andato con la mia auto perché la sua era dal meccanico perciò chiamo un vicino e io e mio fratello più grande, andiamo là, l'altro era a scuola ignaro di tutto. Sono arrivata in una stradina sterrata, interna, c’erano i carabinieri e mio padre era disteso a terra; lì ormai non era più con noi, non era più con me. Hanno detto che era stato un infarto fulminante, non c’era stato scampo e non aveva sentito dolore né avuto il tempo di prendere il telefono dalla tasca del giubbotto. Lui rimase lì, non ci potevo credere. Andai a casa ed affrontai prima mamma che subito dopo accompagnai lì e poi, imbottina di valium (datomi da un medico che in quel momento passava di li ed aveva visto tutta la situazione), guidai fino l'IRM di Pianezza. Il caro dott.., non potrò mai dimenticare quel nome, entrai quasi come un furia nel suo studio lasciandomi alle spalle chi c'era in coda, lo insultai ma non volgarmente forse il valium iniziava a fare effetto e comunque non sarebbe servito anche se il mio cuore mi diceva altro o per lo meno avrei voluto fare altro. Gli dissi solo una frase: quel giorno lui aveva ucciso una persona, Mio Padre! Gli ricordai il nome e la cura che gli aveva dato una settimana prima, una pillola per proseguire come sempre la sua vita. I paramedici del 118 quando atterrarono mi dissero, guardando le cartelle cliniche, che mi padre avrebbe dovuto essere in ospedale almeno da una settimana e non in giro a fare la vita di tutti i giorni. Gli dissi che era un assassino, che aveva letteralmente ucciso mio padre! A distanza di settimane seppi che quel medico non era più a Pianezza. Tornata a casa iniziò il vero calvario avvisa tutti, chiama gli amici più cari, va a scegliere la bara ...col Cristo a destra o a sinistra, con la Pietà… Anche in quel caso me ne sono occupata io e a nessuno interessava che per noi, che per me, la vita era FINITA. Colleghi di papà, vicini di casa, tutti si sono stretti intorno a noi.
Iniziai da subito a prendere dei calmanti per poter dormire, non mangiai più per almeno 3 mesi, bevevo caffè e fumavo; le medicine facevano poco. Ho passato anni a desiderare solo di andare da lui, con ogni mezzo anche il più brutto, e quando ci ho provato, più volte, forse è stato lui o solo un'altra pagina di vita che aspettava di essere vissuta, ma non sono riuscita nell'intento. Continuai con lunghi periodi in cui stavo peggio, altri in cui mi chiudevo in casa e non uscivo. Tutto questo per tanto tantissimo tempo, anzi per anni; a tenermi in vita in quei momenti è stato il mio lavoro che arrivò da li a poco. Uscivo al mattino e rientravo alle 17; non pensavo. Durante tutti questi anni ho continuato con gli psicofarmaci, soprattutto gocce che mi aiutassero a dormire, non riuscivo più a farlo. Gli psicofarmaci mi permettevano di andare avanti e tentare di essere una persona normale. E quando le crisi arrivavano, avevo attacchi di panico e di ira me la prendevo con me stessa, facendomi del male, cercando di procurarmi ferite, non mangiando o mangiando esageratamente, passando dall’anoressia alla bulimia. Mia madre fece molto, arrivò a pedinarmi in casa come fosse un poliziotto; grazie a questo e a diverse liti, riuscii a prendere in tempo il problema ed evitare che causasse danni peggiori! Sono anche arrivata a pensare di vendere la mia anima al demonio in cambio di potermi ricongiungere con mio padre.
Ma Lui continuava a non esserci, ad oggi sono passati 14 anni! Fino allo scorso anno il mio medico mi ha prescritto delle pastiglie, sempre ansiolitici; e tra le gocce e le pillole non sono più riuscita a farne a meno. Mi rendevo conto di esser ormai dipendente da queste medicine, ma erano le uniche a farmi stare un po' meglio, a farmi uscire un po' dal mio guscio e nonostante 2 anni fa abbia finalmente incontrato una persona che mi sta accanto in ogni momento, non sono riuscita a smettere di assumere i farmaci. Oltre a quanto mi aveva prescritto lo psichiatra prendevo oltre 100 gocce di minias al giorno.
Dopo 14 anni ho capito che da sola non potevo farcela e grazie alla mia famiglia, e soprattutto ad un'amica speciale, ho incontrato il Dottor Comello che mi ha fatto capire che potevo conservare mio padre lasciando andare il dolore e che questo non era l'unità di misura della sua importanza per me; possiamo ricordarci di loro, piangerli quando ne sentiamo la mancanza, ma non dobbiamo morire anche noi e soprattutto non dobbiamo sentire dolore. Non più. Io sono viva, sono viva grazie a mio padre e alla forza che io da sola non avrei mai trovato. Per questo adesso dico un grazie speciale a Lei, Dottor Comello, che con l’ipnosi mi ha salvato la vita!
Grazie Doc.
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