Testimonianze 17

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Alcune testimonianze che raccontano storie di uomini e di donne che hanno avuto il coraggio di affrontare le proprie paure e sconfiggere il disagio, la malattia, a volte la morte.
Brevi frammenti di storie di eroi di tutti i giorni che hanno accolto l'invito a fare della propria esperienza di vita, di dolore e del lavoro insieme, uno stimolo a non arrendersi mai e a cercare, volere sempre una soluzione. Un dono a chi legge, un esempio della meravigliosa sensibilità dell'animo umano.
A loro il mio ringraziamento personale per aver voluto condividere ciò che abbiamo vissuto insieme e che nel tempo ci unisce.

 

Le testimonianze sono firmate con l'iniziale del nome e gli anni al momento dell'invio del testo.

indice - testimonianze 17

  • Ventotto anni fa la mia terapia
  • Cefalea cronica, la rinascita dopo anni di sofferenze
  • Essere coppia, un difficile percorso
  • Grazie per non avermi permesso di cedere
  • Dalla tossicodipendenza alla vita che merito
  • Inferno e impotenza di una famiglia
  • Una lacrima scivola sul mio viso
  • Da una diagnosi difficile a una nuova identità
  • Bisogno di scappare, gambe senza riposo
  • Cefalea con aura, ne soffriva da quando aveva 10 anni

 

ELENCO COMPLETO delle testimonianze qui

Ventotto anni fa la mia terapia

Qualche settimana fa, dopo davvero molti anni, ho telefonato al Dottor Comello per dirgli che avevo scritto un libro. Per farlo ho impiegato anni, ma quanto di quel libro che parla indirettamente di me e della mia vita è nato 28 anni prima quando ho iniziato la mia terapia? Lui è stato come sempre, com’era, come lo ricordavo. Con entusiasmo mi ha parlato di questo libro che stava per pubblicare in occasione dei suoi 30 anni di libera professione, che a raccontare del suo lavoro sarebbero stati i suoi pazienti e mi ha invitata a prenderne parte. In quell’occasione ci siamo resi conto che era passato davvero tanto tempo, che ora mio figlio ha 26 anni e in quel tempo io non ero neppure incinta. All’epoca il Dottor Comello era un giovane psicologo, ma aveva lo stesso entusiasmo e la stessa determinazione di oggi a risolvere i problemi di chi a lui si rivolgeva. Io sono arrivata dal Dottore pensando di avere solo qualcosina da risolvere, volevo avere un bambino, volevo essere serena, mi ero appena sposata ... sminuendo quello che realmente sentivo. Lui mi ha guardata e, me lo ricorderò tutta la vita, mi ha detto per tirare su te dobbiamo abbattere qualche totem; frase che subito non ho compreso. Ciò che voleva dirmi è che  stavo sminuendo i miei problemi, infatti sono arrivata lì che ero un’autolesionista che si tirava la faccia tutte le mattine allo specchio e batteva i pugni sul pavimento perché aveva un odio verso se stessa che la stava uccidendo fisicamente, psicologicamente, in tutti i modi.  Questi totem famosi erano tutta la mia famiglia, la morte di mia mamma di parto, l’abbandono di mio padre, i nonni che mi hanno presa in affido, mia nonna che per me era quasi una santa. Poi il giorno in cui lui si è permesso di dire che forse santa non era io gli sono quasi saltata al collo, materialmente al collo. Compresi nel corso delle sedute successive la ragione delle sue parole e che mia nonna era uno di quei totem. C’è un’altra seduta che non dimenticherò mai, lì c’è stata la rinascita veramente; è stata quella in cui il Dottor Comello ha saputo leggermi dentro quel dolore che non volevo riconoscere. Il corpo non mente, io stavo male, ero sempre debole, quella rabbia mi faceva camminare gobba, una condizione difficile da descrivere. Un’altra seduta che ricorderò per tutta la vita è quando sono arrivata da lui urlando per un’ora vaffanculo. Scusate, ma ho detto proprio così. Gli dicevo che lui non aveva capito niente, che io ce l’avevo con tutti quelli che mi avevano fatto tutto quello che mi avevano fatto, tutti gli abbandoni, tutte le cose. Quando ho finito di urlare gli ho detto, quasi come una bambina, prendimi in braccio, e lui mi ha detto no, in braccio no, però ti do la mano e da questo momento non soffrirai più! Così da quel momento è iniziata la rinascita. Piano piano, perché non è una cosa che succede in un giorno, è una cosa dolorosa, è un percorso.  Ci sono momenti in cui dici tanto più di questo non riuscirò a fare, tanto più di lì non andrò e intanto rinasci. Rinasce il corpo perché cominci a camminare dritta e non più curva, cominci a non sbattere i pugni tutte le volte che sei arrabbiata fino a farli sanguinare, non ti strappi più la faccia, ma inizi a sorridere allo specchio ed è tanta roba. È un passaggio tra l’odiarsi e l’amarsi, io non lo saprei dire in altro modo e poi quando cominci a rinascere cominci a fare ordine. Io ho fatto ordine, ci ho messo tempo ma ho fatto ordine, come il mio libro.  Devo dire che l’incontro è stato un incontro fatale, come si dice, fatale davvero.

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Cefalea cronica, la rinascita dopo anni di sofferenze

Nello scrivere questa testimonianza mi sono ricordata che una volta avevo detto, forse in occasione di una conferenza, che al momento opportuno sarebbe stato il caso che anch’io dessi il mio contributo. Il momento opportuno è arrivato ed è arrivato per due motivi, primo perché se avessi parlato qualche tempo fa avrei riversato su chi ascoltava solo dolore per cui sarebbe stata una storia senza fine. Il secondo motivo è perché sono molto emozionata ma posso dire “Ok S. non avere paura, questa storia è finita, è una storia a lieto fine e come tutte le storie a lieto fine, hanno un finale positivo. Quindi ora puoi dirlo, lo puoi finalmente dire, non devi temere di poterlo fare.” Avrei potuto darvi molti dettagli, sarei stata abituata perché l’ho fatto per tanto tempo, per tanti anni, per esigenze oggettive, per spiegare ai professori che E. non poteva andare a scuola, alle mamme che E. aveva comportamenti diversi e anche per un bisogno personale, abbastanza inutile ma necessario, quello di vomitare fuori il nero e farlo a ogni occasione possibile senza preoccuparsi di condividere, di essere aiutati, ma soltanto per dire “ok butto un po’ fuori questa cosa”. In realtà poi ti tornava addosso e ti avvolgeva come un budello di un salame e non serviva a nulla. Quindi sono meno abituata a parlare del dopo, ma lo voglio fare dicendo che nei pochi mesi in cui E. è andato in terapia dal Dottor Comello si sono accorti tutti dei risultati evidenti, professori in primis e poi i nostri amici che ci chiamavano e ci chiedevano “ma adesso c’è una soluzione? ma sono anni che non c’è” e noi eravamo felici di raccontare la nostra esperienza, di dare il nominativo del Dottor Comello. Io a un certo punto conoscevo a memoria il numero dello studio perché ricevevo tantissime telefonate, molti dei nostri amici sono approdati in Via Po, nello studio del Dottor Comello. Con molti di loro siamo ancora in contatto e poi arrivavano gli amici degli amici e gli amici degli amici degli amici finché noi abbiamo perso i contatti con questo piccolo esercito che andava nello studio del Dottor Comello. Adesso per raccontare il lieto fine, con molta trepidazione posso dire che la cosa è finita.  E. ha preso coscienza, probabilmente deve aver visto il suo nocciolo che non funzionava, deve aver sistemato quello che riteneva di dover sistemare e ha tutte le carte per potercela fare e soprattutto parla con noi. Noi non dobbiamo fare altro che accettare che questa ormai è la normalità, che non c’è più un’emergenza, che non bisogna più correre, che ci si può rilassare. E. studia da solo e ha una vita sociale. È tutto un altro vivere, certo si stanca, si affatica, c’è la preoccupazione però c’è anche la speranza di sapere che ormai il processo è irreversibile quindi lui può scegliere di farcela. Per concludere questa testimonianza vi dò due immagini, del prima e del dopo. Se penso a un’immagine del prima penso ad infinite cene in cui io e mio marito mangiavamo quasi al lume di candela perché la luce non desse fastidio, senza guardarci perché al primo sguardo scendevano le lacrime perché a volte mangiavamo con lui e a volte sapevamo che lui era nella stanza con la testa tra le mani, per cui molto spesso mangiavamo soli. L’altra immagine, sempre del prima, è che se io ricordo E., ricordo un corpo rigido, allo stesso tempo floscio, non tonico, pallido, che usava il corpo lentamente per trascinarsi dal letto al divano e dal divano al letto e senza far altro per giorni, giorni e giorni. Se queste immagini le penso adesso, mi viene in mente che le nostre cene sono ormai rumorosissime perché lui è un percussionista, per cui ogni occasione è buona per suonare il tavolo, i piatti, le posate, non si capisce niente e quando suona le percussioni e non usa gli strumenti della tavola, canta. L’altra immagine è che E. ora ha scoperto che può alzare la voce e avere una postura più eretta, può guardare negli occhi con serenità, ha scoperto che gli piace ballare, è timido per cui balla solo in casa però è anche agile, vigoroso ma non più rigido. Molto spesso, siccome è potente, prende in braccio suo papà come se fosse un bambolotto e girano e danzano con una musica che si inventano lì per lì. Con questa immagine ringrazio il Dottor Comello perché non c’è un giorno che passi senza che io gli porga un pensiero di gratitudine per avermi restituito E. Grazie

                   La mamma di E. 17

Essere coppia, un difficile percorso

Possesso, appartenenza, perdono e colpa: queste le parole che risuonano nella mia testa! Qualche anno fa sono stata per la prima volta dal Dr. Comello per la terapia di coppia che molti di noi dovrebbero affrontare con il coraggio di mettersi in discussione, perché nulla è assoluto e nulla è certo nella vita. All'epoca avevo la certezza di aver risolto gran parte delle incomprensioni che ci furono non tenendo conto che le situazioni e le persone evolvono, cambiano e non sempre come ci si aspetta. Le maledette aspettative che una persona si crea e che quando vengono disattese sono un peso insostenibile; così è stato per me ed è qui che rientra in gioco il Dottore. Dopo mesi di serenità ritrovata comincia un percorso di complicità che porta me e mio marito ad una relazione stabile perché è ritornato in me il senso di appartenenza al mio uomo. Quella appartenenza che il Dottore mi spiega bene essere ciò che per una donna regge una relazione ed è bello averlo se si è trattate come delle regine e ci si sente la cosa più importane per il proprio uomo. Ad un certo punto, dopo un paio di anni dalla terapia mi trovo ad affrontare una situazione che si rivela essere comune nelle dinamiche di coppia: scopro che il mio caro marito, che oltre a non essere per nulla partecipe nelle faccende domestiche non è mai stato perfetto (ma chi lo è d’altronde?) intrattiene una “relazione” virtuale con una donna, ormai la terza da me scovata. A questo punto tutto ciò che avevo risolto è riaffiorato in un attimo nella mia mente, anzi è tornato amplificato e ho cominciato a provare un senso di rancore misto a rabbia che si autoalimentava ogni volta che pensavo all'accaduto. La rabbia era legata al fatto che avevo lottato con tutte le mie forze per portare avanti un matrimonio che forse era troppo stretto per tutti, ma che speravo avesse sedato gli istinti primordiali di mio marito. Pensavo di doverlo perdonare e che fosse stata colpa mia, la colpa di avere troppe cose da fare e a cui pensare oltre che lavorare, cose per cui nessuno mi aiutava. Dopo la fatale scoperta dell'ennesima chat erotica di mio marito, lui ha deciso di sua sponte di andare dal Dottore a risolvere una questione che non riusciva a gestire da solo e per fortuna oltre ad essere più sereno ha cominciato ad aiutare in casa me e nostro figlio. Ma tutto ciò non è bastato a sedare il mio senso di rabbia e il rancore che provavo verso di lui e la sua famiglia che lo ha sempre difeso a spada tratta anche di fronte al suo evidente torto. Tornando a me, sono tornata dal Dottore per stare bene, ma principalmente con me stessa. Abbiamo lavorato sul perdono e mi sono sentita molto sollevata nel sapere che non avrei perdonato nessuno e non avrei dovuto mai farlo, ma avrei dovuto passare oltre e che ci sarebbe andato del tempo. In realtà già solo sapere di non dover perdonare ha cambiato la mia visione della cosa e mi ha alleggerito la mente, oltre che resa molto più serena. L'altro aspetto su cui abbiamo lavorato è stata la colpa che io in realtà non ho per nessuna delle fughe mentali e/o fisiche di mio marito. Purtroppo l'uomo ha una forma mentis ed un istinto diverso dall'universo femminile; non sentirmi in colpa ha sollevato completamente il peso che portavo. Ora stiamo affrontando un argomento pesante per una donna delusa e stanca, stanca soprattutto di affrontare e reggere i pesi di una relazione di coppia: come far funzionare una coppia nel tempo. Io non so se vorrò farla funzionare questa coppia nel tempo perché il senso di appartenenza che dovrei avere nei confronti di mio marito è venuto meno, ma so che proverò a fare tesoro dei consigli utili che sempre il Dottore riesce a dispensarmi. Soprattutto so che vorrò sempre stare bene con me stessa, con o senza mio marito ed è questo il reale motivo per cui sono tornata in terapia. To be continued ... 

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Grazie per non avermi permesso di cedere

Eppure la mia vita mi piace! È stata un gran casino, ma è la mia vita e le voglio un sacco di bene. Genitori assenti, immaturi e legati alla materialità sino a farne il fine della loro esistenza. Parenti assenti, invidiosi e giudici impietosi. Segreti di famiglia schifosi e torbidi, schivati ringraziando Dio. Un lavoro bello, risultato nel tempo troppo pesante per me. Anni impegnati a gestire al meglio una solitudine che non trovava risposta umana. Poi il miracolo, dopo l’ennesima tragedia familiare. Mi sento libera, felice e serena dentro. Conosco persone nuove ogni giorno, curiose di conoscermi come io lo sono nei loro riguardi. Finalmente ecco che è arrivata la gioia di stare insieme, di fare “due parole”, di lavorare insieme, di cercare di essere utili con un’attenzione mai conosciuta ed assaporata. Ci sono occhi che brillano di voglia di vivere. Ne sono contenta. Grazie Dottore per non avermi permesso di cedere e così di avere la possibilità di godere della mia fetta di vera vita, di vera felicità. Passa Oreste e io gli chiedo: “Sei felice”? Risposta “Sì”. Ci guardiamo, siamo in ciabatte, io sto stirando, lui sta stendendo i panni ....

                  C. 59

Dalla tossicodipendenza alla vita che merito

Ciao a tutti vi racconterò in breve la mia testimonianza. La mia storia inizia circa sette anni fa dopo un lutto, alcuni problemi con la legge e la mia fidanzata che mi aveva lasciato. Io mi sono fatto divorare da una tossicodipendenza, tutto ciò mi ha portato a una depressione completa, non prendevo più un canale, psicofarmaci.  Ho tentato persino il suicidio e solo Dio sa cosa stavo passando. Poi un giorno a mia mamma parlano di Walter e delle sue tecniche che trovavo alquanto bizzarre. Inizio ad andarci con molti sacrifici e con il tempo sono riuscito a guarire da una pancreatite acuta di cui soffrivo da anni. Naturalmente ora comprendendo come questa fosse in relazione con il mio passato. In 4 o 5 mesi ho ripreso in mano la mia vita. Continuo ancora ad andare da lui perché è il mio mentore e voglio migliorare e risolvere alcuni problemi di salute e alcune difficoltà che ancora ho. Ora il tunnel buio è passato, ho ripreso la mia vita in mano e riesco a prendere con più leggerezza i problemi quotidiani che erano diventati per me ogni giorno una sfida totale. E’ stata dura, ma piano piano sto cambiando cammino grazie a Walter e al suo staff. Esco di nuovo, ma senza cercarmi più problemi come una volta. Penso al mio futuro, ad un lavoro, ad avere una fidanzata, a realizzare la mia vita e, come dice Walter, “che merito”.

                      E. 28

Inferno e impotenza di una famiglia

Spero che la mia testimonianza possa essere una speranza per quelle famiglie che, come la mia, a un certo punto della vita si sono trovate ad affrontare momenti interminabili di paura, disperazione e totale smarrimento, tanto da avere la sensazione di vivere in una dolorosa bolla di completa solitudine. La nostra discesa verso l’Inferno comincia quando nostro figlio maggiore, da sempre molto sensibile e privo di qualsiasi forma di autostima, dalla fine della seconda media ha iniziato a manifestare sintomi di profondo disagio. Ha covato dentro di sé una repulsione totale per la scuola, fino a non volerci più andare, accusando reali sintomi di malessere fisico, quali mal di pancia e mal di testa. Io subito pensavo fossero capricci e per molti mesi sono andata in completa opposizione con lui.  A poco a poco poi ha iniziato ad isolarsi, vivendo costantemente in camera sua, alle volte senza neppure mangiare, per poi cadere da lì a pochi mesi nella totale disperazione, amplificata dall’arrivo della pandemia. Nel suo malessere, trascinava automaticamente e velocemente anche noi. Non avevamo più una vita, tutto ruotava intorno a lui, in casa non si parlava d’altro, eravamo automi che andavano avanti per inerzia, con il cuore gonfio di preoccupazione e la testa piena di punti interrogativi e un grande senso di impotenza. Dall’autunno dello scorso anno, la sua irrequietezza e tristezza si sono trasformate in violenza, verso se stesso, verso gli oggetti e purtroppo anche verso il prossimo, noi compresi. Ogni cosa che lui considerava una sconfitta o un’incomprensione sfociava in rabbia e con quella rabbia spaccava tutto, volavano parolacce di ogni genere, si faceva del male tagliandosi con ogni tipo di arnese. In quei momenti una forza, che definirei bestiale, lo possedeva. Perdeva completamente il controllo, sembrava avesse il desiderio incontenibile di fare e farsi del male. Per fare capire l’entità della sua forza, una sera è riuscito a strapparsi di dosso una felpa come fosse un foglio di carta velina. Si trasfigurava in volto, più volte ci ha chiesto di portarlo in ospedale. Noi eravamo sempre più spaventati, disorientati e soli. Si perché quando capitano queste cose la generale tendenza di chi dovrebbe provare a darti una mano è quella di giudicare per poi sparire, con la convinzione che se tuo figlio è così è perché gliel’hai permesso. Siamo stati scaricati anche dallo psicologo che lo aveva seguito nel periodo delle medie, in quanto non sapeva più come giustificare gli stati d’animo di nostro figlio. Fortunatamente un giorno, nella disperazione di mamma che cerca una qualunque soluzione per trovare un po’ di pace, veniamo a conoscenza, del Dottor Comello. Facciamo il primo incontro e capiamo immediatamente che siamo “approdati” nel POSTO GIUSTO.  Sia io sia mio marito abbiamo avuto la forte sensazione che finalmente eravamo finiti in mani competenti, capaci di darci gli strumenti necessari per uscire da questa tremenda situazione che ci stava portando via tutto: il sonno, la spensieratezza, anche la possibilità di viverci la nostra figlia minore, che era stata messa per forza di cose in panchina. Tutto oramai ruotava intorno a F., alle sue reazioni, ai suoi dolori. Nei primi incontri il Dottor Comello ha inquadrato nostro figlio escludendo tossicodipendenza e schizofrenia (i segnali potevano essere anche spie di queste due patologie) e ci ha spiegato il percorso da intraprendere, illustrandoci finalmente il reale motivo che poteva aver spinto F., ad avere tali comportamenti.  Ci propone l’utilizzo dell’ipnosi e del Piano Armonico. Settimanalmente cominciano le sedute di ipnosi, all’inizio con una difficoltà ciclopica perché F. non voleva saperne. Ma non si poteva mollare, quella era la nostra occasione di rinascita. Viaggi interminabili per raggiungere il Dottor Comello, arrivando da lontano, fatti inizialmente di pianti e minacce per non voler continuare il percorso. Mi ricordo ancora le sensazioni di terrore in quei tragitti fatti di innumerevoli chilometri. Alla fine delle vacanze natalizie F. ha una crisi tremenda, tanto che siamo obbligati a fare intervenire il 118 e le Forze dell’Ordine. Ricovero in psichiatria per qualche giorno, ma a differenza del passato, abbiamo avuto immediatamente l’appoggio del Dottore che ci aveva preso in carico solo da un paio di settimane.  Da subito ci è stato vicino e continuava a ripeterci che insieme ne saremmo usciti. Credo che toccato il fondo anche F., nella sua grande sensibilità, abbia capito che non doveva perdere quel treno chiamato Dottor Comello, perché in cuor suo penso si rendesse conto che ogni volta che usciva dal suo studio c’era un piccolo pezzo della sua vita che stava prendendo la retta via. A distanza di un anno, con emozione, voglio dire che siamo sulla strada giusta. F. ha ancora bisogno del supporto del dottor Comello, ma le sue reazioni man mano che il tempo passa hanno intensità e durata sempre più ridotte. Ha ripreso la scuola, ottenendo risultati soddisfacenti, ha iniziato a voler socializzare con i suoi coetanei e non si nasconde più.  Sta imparando a gestire le sue fragilità e la sua rabbia, riuscendo a condurre una vita normale. Addirittura quest’estate siamo riusciti a regalarci una piccola vacanza insieme, fatta di leggerezza e divertimento, impensabile fino al mese di aprile.   Noi genitori e la sorellina minore stiamo nuovamente assaporando la normalità della quotidianità, senza la paura di dovere gestire la furia di nostro figlio. Parallelamente al percorso di mio figlio, ho chiesto anch’io al Dottor Comello un aiuto, perché avevo bisogno di riacquistare fiducia nella vita, cercando di smettere di essere troppo severa con me stessa, cercando di eliminare quello stato d’ansia che mi ha accompagnato per gran parte della vita. Credo di aver raggiunto anch’io un buon punto di equilibrio. Grazie Dottor Comello.

                     La mamma di F. 16


Una lacrima scivola sul mio viso

È una lacrima di gioia e di speranza. La speranza di sapere che anche tante altre persone possano farcela e sconfiggere così quel “meccanismo contorto “che rende la nostra stessa mente l’ostacolo più pericoloso da affrontare giorno dopo giorno. Dopo alcuni mesi di lavoro insieme al Dr. Comello, la mia vita è cambiata; sono una specie di laboratorio errante in cui ogni giorno scopro qualcosa di nuovo. È come se vivessi passeggiando su un confine in cui riesco a visualizzare quello che era il mio modo di vivere e pensare e l’adattamento a quel qualcosa di nuovo che questo uomo sta riuscendo a instillare dentro di me. Perché “le parole sono semi e la mente è terra”. Questa sua frase a cui spesso fa riferimento è diventata il mio baricentro e, a volte, addirittura una sorta di mantra. Noi tutti siamo condizionati da un’innumerevole serie di dati e di fatti accaduti e quasi sempre riusciamo poi a trasformare il tutto in un’altrettanta innumerevole serie di convinzioni, alimentate e rinvigorite da rabbia, rancori e sensi di colpa.  Il mio vissuto è quasi inenarrabile, fatto di tantissime cose, tutte assai problematiche, tristi e traumatiche e che tanto hanno segnato il mio cammino. La mia adorabile compagna di vita spesso mi suggerisce di non raccontarmi, asserendo che probabilmente si farà fatica a credermi. Io voglio comunque provare a riassumere brevemente il mio vissuto per dare un senso alla mia testimonianza e per dare speranza a chi si riconosce dentro alle mie vicissitudini. Sono cresciuto in una famiglia con due genitori separati in casa; un fratello problematico con storie di tossicodipendenza e carcere; ho vissuto una separazione coniugale dolorosissima e i miei figli, in un secondo momento si sono ammalati, uno di disturbi alimentari (con due ricoveri ospedalieri) e l’altro con un non meglio diagnosticato disturbo bipolare (e per dieci anni ricoverato in strutture terapeutiche). A un certo punto, mi lasciai andare e per alcuni anni fui anche un grosso bevitore. Qualche anno fa mio fratello si tolse la vita e i miei genitori, ammalati da tempo, morirono solo qualche mese dopo. Tantissimo dolore e tantissima fatica e non smetterò mai di ringraziare la mia compagna per tutto l’aiuto e l’amore che mi ha saputo donare, in questi 15 anni trascorsi insieme, per cercare di alleviare tutta questa sofferenza. Fu grazie ad una mia collega che mi avvicinai al Dr. Comello; anche lei fece un percorso con lui e con risultati sorprendenti. Anche per mio figlio e la sua forma di anoressia i risultati furono straordinari e dopo lunghissimi anni di disperazione, perché non riesco a trovare una parola migliore per descrivere come si convive con questa malattia subdola e vigliacca, finalmente e grazie al Dr. Comello, noi tutti abbiamo rivisto la luce. Ho comunque sempre combattuto con forza e determinazione, ma dentro di me qualcosa si stava piano piano ammalando sempre di più e anche se fuori cercavo di non far trasparire il buio che vivevo dentro, la situazione andava peggiorando con forme di ansia, rabbia e sensi di colpa indescrivibili. Era arrivato il mio momento; avevo assolutamente bisogno di curarmi e contattai lo studio per un appuntamento. Da lì iniziai il mio percorso. Voglio raccontare quasi come se lo urlassi che è possibile cambiare i propri atteggiamenti, è possibile comprendere e non giudicare, è possibile accettarsi e non darsi colpe, è possibile guarire. È tutto assolutamente possibile, basta volerlo veramente, a volte sapendo anche rinunciare alla malattia e ai suoi “benefit”. La vita è un dono prezioso, non smetterò mai di ripeterlo. Io voglio veramente cambiare e stare finalmente bene e ho incontrato la persona giusta per poter raggiungere quella pace che non ero mai riuscito neanche ad avvicinare. Il Dr. Comello mi ci sta accompagnando, passo dopo passo e più lo conosco più mi convinco che per lui questo non è un lavoro bensì una missione. Grazie Walter, grazie di cuore, un pezzo di te sarà per sempre con me.                                

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Da una diagnosi difficile a una nuova identità

VOLEVO DAVVERO GUARIRE? ORA SONO FIERA DI QUELLO CHE STO FACENDO

Io sono S. A circa 12 anni ho iniziato a sviluppare delle problematiche a livello emotivo per la scuola, fino ad averne timore e ad avere atteggiamenti negativi verso me stessa.  Sono stati anni difficili, ho avuto un sacco di problemi e alle elementari sono stata vittima di bullismo. In quel periodo stavo molto male, vivevo chiusa in me stessa, non riuscivo ad aprirmi con nessuno, non potevo parlare con mia madre o con i miei famigliari perché per la minima cosa mi sentivo giudicata, anche se sapevo che così non era. La mia famiglia è molto brava e buona e io le voglio un sacco bene, però mi sentivo veramente chiusa.  Dopo essere stata fuori e dentro l’ospedale, la mia neuropsichiatra ci ha indirizzati dal Dottor Comello; prima avevo un’altra psicologa con cui avevo sviluppato un rapporto più che altro di amicizia. Una cosa che apprezzo molto del Dottor Comello è che io riesco a esprimere i miei problemi e vederlo come una persona a cui posso dire tutto, anche quello di cui con la mia famiglia non posso parlare. Quando abbiamo iniziato il percorso terapeutico era difficile per me perché dovevo essere coraggiosa, dovevo affrontare le mie paure e sopraffare la mia resistenza a voler guarire. Io volevo stare meglio, ma volevo guarire veramente?  Questo è un dubbio che mi ha frenata per molto tempo. Per un bel po’ della mia vita ho passato le giornate a dire, io non voglio guarire, voglio stare male, non mi va di sprecare le mie forze, perché secondo me quel tempo era uno spreco nel provare a stare meglio. Non credevo in me stessa. A scuola, sia alle medie che alle superiori, ho avuto atteggiamenti sbagliati con i miei insegnanti, non solo in merito all’apprendimento ma con il mio modo di fare. Quando mi si diceva di non fare una cosa io facevo l’opposto. Ero aggressiva e arrivavo spesso a farmi del male per attirare l’attenzione. In quel periodo stavo molto male e mi comportavo così perché mi sembrava che l’attenzione non fosse mai rivolta a me, ma solo ad altre persone. In realtà tutta la mia famiglia, amici, professori e medici si occupavano di me, ma io mi sentivo senza attenzioni, vuota completamente; poi ho riscoperto la mia identità. Dopo aver conosciuto il Dottore, il percorso di psicoterapia e l’ipnosi mi hanno aiutata moltissimo perché il risultato lo dobbiamo volere e questo mi ha richiesto molta fatica e impegno. Sono fiera di quello che sto facendo, di quello che ho fatto e, grazie all’ipnosi, di avere una coscienza di me stessa che prima non avevo.  Mi ritengo fortunata ad avere avuto una famiglia che mi stesse accanto, mia mamma e mia sorella mi hanno sempre accompagnata e mi sono sempre state vicino quindi voglio ringraziarle tanto per questo.

                   S. 16

 

LEI ERA UNA CARCERATA E NOI I SUOI CARCERIERI

La testimonianza di S. mi ha fatto piangere nel ricordare certi momenti. Al culmine delle difficoltà di S., noi come famiglia siamo stati sul punto di valutare il ricovero in una comunità terapeutica. In casa noi eravamo i carcerieri, S. la carcerata, sorvegliata a vista 24 ore su 24. Non poteva andare in bagno da sola, farsi la doccia da sola, non poteva uscire, non poteva portare fuori il cane perché approfittava di ogni momento e di qualsiasi nostra distrazione per mettere in atto atteggiamenti e comportamenti che nuocevano a lei e a noi come famiglia. Eravamo disperati e senza alcuna speranza. Nel momento peggiore la neuropsichiatra, non trovando soluzioni al comportamento di S., ci ha invitati a rivolgerci al Dottor Comello, anche se avrebbe fatto meglio a ricordarsi prima di lui, ma ora la ringrazio per aver avuto quel consiglio. Era una situazione che non auguro a nessuno. Non sai cosa fare, non hai soluzione, ma non puoi rinunciare a uno dei tuoi figli; sei costretto dalle situazioni e non trovi una via d’uscita. Oltre a mandare il figlio in terapia ti devi occupare di salvaguardare te stesso, la tua famiglia e tenere duro per essere di supporto a chi sta male.  S. oggi può uscire; noi abitiamo fuori città e prende il pullman per andare a Torino con gli amici; adesso ha amici che prima non aveva, va a scuola, sta in classe, ha bei voti e si sta riappropriando della sua vita. Grazie.

                  La mamma di S. 

Bisogno di scappare, gambe senza riposo

Dopo tanti anni ho lasciato un ambiente e un lavoro in cui mi trovavo bene, ma che restava sempre a tempo determinato perché avevo superato un concorso che mi portava in un contesto lavorativo completamente diverso. In questo nuovo lavoro e ambiente mi sono trovata malissimo ed ero disperata. In quel periodo la psicoterapia mi è stata di grande aiuto per superare il mio stato depressivo, l'ansia e la paura. Ho trovato quindi il coraggio e la forza di fare un altro concorso, cambiando nuovamente lavoro e ora sono felice. Si è venuta così a creare una nuova condizione in cui ho potuto attingere a risorse interiori che non sapevo di avere. Quando ho smesso di prendere gli antidepressivi è emerso il problema delle gambe, avevo difficoltà a riposare perché nelle gambe avevo somatizzato la voglia di andare via, di scappare da una situazione negativa. Ora che vivo una condizione diversa ho capito che non c'è più motivo di fuggire, perché mi trovo in una situazione in cui sto bene. Se prima c'era un tempo in cui le mie gambe sentivano il bisogno di sottrarmi da quel contesto, ora è un altro tempo e le mie gambe possono riposare tranquille con me nel mio sonno.

            I. 52

Cefalea con aura, ne soffriva da quando aveva 10 anni

NON RIUSCIVO A PARLARE E SI PARALIZZAVANO LE BRACCIA

All’età di 10 anni mi è stata diagnosticata una cefalea con aura e quando mi venivano queste crisi perdevo la capacità di parlare con le persone, non riuscivo a formare delle frasi, non riuscivo a formare dei pensieri, mi si paralizzavano le braccia e anche solo scrivere “mamma ho mal di testa” non riuscivo a farlo. Tutto questo, naturalmente, mi causava delle ansie. Avevo il terrore che mi venisse questo mal di testa quindi ho dovuto rinunciare alle uscite con gli amici, ho dovuto rinunciare ad andare a fare delle trasferte per lo sport perché avevo paura di allontanarmi di casa perché se mi veniva mal di testa, senza i genitori, non sapevo che cosa fare. Con i miei genitori abbiamo girato vari centri cefalee, ma arrivavo, entravo, dicevo cos’avevo e i dottori mi rispondevano “ah ok bene, quando ti viene mal di testa prendi queste dieci pastiglie, fai questa puntura e ti spruzzi questo spray nel naso”. Sì ok, ma il problema è che non ho mai risolto niente. Arrivavo a casa, passavano due o tre giorni, stavo senza mal di testa, al quarto mi veniva mal di testa, stavo a letto per tre giorni di fila e niente, eravamo da capo. Poi per fortuna il Dottor Comello ha tenuto una conferenza nella mia città, siamo venuti a sentirlo e abbiamo deciso di provare. Siamo andati nel suo studio a Torino e la prima volta ci siamo incontrati noi con i miei genitori e abbiamo parlato della nostra situazione famigliare. La seconda volta ho incontrato il Dottor Comello da solo e dalla terza abbiamo iniziato con l’ipnosi. Seduta dopo seduta mi sentivo sempre più rilassato, più sicuro di me stesso, più tranquillo e mi accorgevo di affrontare la vita sempre nel modo giusto. Fino a che, dopo un po’ di sedute mi è stato detto “tu sei guarito”. Sono guarito, dopo 8 anni di cure preventive, 8 anni di farmaci, 8 anni vissuti nel terrore che mi venisse questo mal di testa, io sono guarito. Beh che dire, grazie alla mia famiglia e grazie al Dottor Comello per quello che ha fatto.

              M. 18

 

DALLA SFIDUCIA ALLA GIOIA DI UNA MAMMA

Ho sentito M. portare la sua testimonianza a una conferenza del Dottor Comello, probabilmente non sarò brillante come mio figlio, ma vorrei raccontarvi che per noi sono stati 8 anni durissimi. Tutta la nostra vita era difficilissima perché era difficilissimo lasciare M., era difficilissimo sopportare il suo dolore, non avere una soluzione, non sapere cosa fare. Era terribile per me spostarmi di casa per lavorare perché avevo paura che prima o poi il telefono squillasse, che M. non fosse più in grado di mandarmi un messaggio. Si è perso molte cose negli anni per questo problema finché grazie a un’amica siamo venuti a una conferenza del Dottor Comello. Ci ho pensato molto, ho pensato, essendo una persona molto razionale, che non era possibile che lui avrebbe curato mio figlio. Ma perché? E’ il mago Merlino? Ma perché? E’ più bravo di altri? C’è stato il primo incontro, nel quale mi sono confrontata con il Dottore in modo importante, nel senso che credo mi abbia zittita almeno una decina di volte, mi ha innervosito molto, mi ha fatto molto arrabbiare, ma poi ho deciso che dovevamo provarci. Ci abbiamo provato, il Dottor Comello ha vinto, mio figlio è felice, noi gli dobbiamo la libertà, quindi grazie mille.

              La mamma di M.