Psicosi e disturbo personalità

Psicosi e disturbo di personalità borderline

Secondo il DSM-5, le psicosi comprendono la schizofrenia e altri disturbi psicotici ovvero il disturbo delirante, quello psicotico breve, il disturbo schizofreniforme, il disturbo schizoaffettivo, il disturbo psicotico indotto da sostanze e quello dovuto a un’altra condizione medica, la catatonia, i disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici con altra specificazione e altri senza specificazione, e disturbo schizotipico (di personalità). Sono tutti definiti da anomalie psicopatologiche in uno più dei cinque seguenti ambiti: deliri, allucinazioni, pensiero disorganizzati (eloquio), comportamento motorio grossolanamente disorganizzato o anormale (compresa la catatonia) e sintomi negativi.

Epidemiologia

Riguardo l’epidemiologia delle psicosi si segnala che: la prevalenza del disturbo psicotico breve rappresenta negli Stati Uniti il 9% dei casi di esordio di psicosi; la prevalenza della schizofrenia è circa lo 0,3-0,7%.

Clinica

Definizione delle caratteristiche chiave dei disturbi psicotici:

-    i deliri sono convinzioni fortemente sostenute, non sono passibili di modifica anche alla luce di evidenze contrastanti. Il loro contenuto può comprendere una varietà di temi (per es. di persecuzione, religioso);  

-    le allucinazioni sono esperienze similpercettive che si verificano senza uno stimolo esterno. Non sono sotto il controllo volontario.  

-    il pensiero disorganizzato (disturbo formale del pensiero) è tipicamente dedotto dall’eloquio dell’individuo. L’individuo può passare da un argomento all’altro (deragliamento o allentamento dei nessi associativi) o le risposte alle domande possono essere correlate in modo marginale o completamente non correlate (tangenzialità). Raramente l’eloquio può essere quasi incomprensibile (incoerenza o “insalata di parole”).  

-    il comportamento motorio grossolanamente disorganizzato o anormale può manifestarsi in un varietà di modi, da una “stolidità” di tipo infantile all’agitazione imprevedibile. Il comportamento catatonico è una marcata diminuzione della reattività all’ambiente, può variare e può comprendere anche un’attività motoria non finalizzata ed eccessiva (eccitamento catatonico); 

-    i sintomi negativi sono preminenti nella schizofrenia. Due sono particolarmente significativi: diminuzione delle emozioni (tutte quelle manifestazioni facciali e di movimento che danno enfasi emozionale all’eloquio) e abulia (diminuzione delle attività finalizzate spontanee). 

Cenni patogenetici

La schizofrenia è una patologia fortemente ereditaria. Sembra avere una natura poligenica.

Tuttavia da un’analisi degli studi effettuati negli ultimi 15 anni si evince anche la rilevanza di eventi traumatici nella manifestazione di disordini appartenenti allo spettro. Sembra che una disregolazione dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene) e delle secrezioni di cortisolo nei primi anni possa diventare permanente nell’età adulta e possa contribuire ad un incremento della vulnerabilità a certi disordini mentali.

Diagnosi

Viene effettuata secondo i criteri del DSM-5. Attraverso delle scale di valutazione è possibile valutare la gravità che può essere utile per la pianificazione del trattamento.

Principi di trattamento

L’uso di farmaci antipsicotici permette una buona risoluzione dei sintomi postitivi, tuttora difficile è l’approccio terapeutico alla sintomatologia negativa. La riabilitazione del paziente psicotico è utile nel contrastare l’evoluzione dei sintomi difettuali.

Disturbo di personalità borderline

Criteri diagnostici secondo il DSM-5: un pattern pervasivo di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una marcata impulsività che inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati contesti, com indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

 1. sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono.

 Nota: non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel criterio 5.

2. un pattern di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzato dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione;

3. alterazione dell’identità: immagine di sé o percezione di sé marcatamente e persistentemente instabile;

4. impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto (per es. spese sconsiderate, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate).

Nota: non includere i comportamenti suicidari o automutilanti considerati nel criterio 5;

5. ricorrenti comportamenti gesti o minacce suicidari, o comportamento automutilante;

6. instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore (per es. episodica intensa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore o soltanto più raramente più di pochi giorni);

7. sentimenti cronici di vuoto;

8. rabbia inappropriata, intensa, o difficoltà a controllare la rabbia (per es. frequenti eccessi di ira, rabbia costante, ricorrenti scontri fisici);

9. ideazione paranoide transitoria, associata allo stress e gravi sintomi dissociativi.

 

Lo stesso DSM.5 propone un secondo modello alternativo di classificazione, a cui si rimanda per eventuale approfondimento.

Epidemiologia

La mediana della prevalenza nella popolazione del disturbo borderline di personalità è stimata essere l’1,6%. Il disturbo è circa cinque volte più comune tra i consanguinei di primo grado. Viene diagnosticato per il 75% nelle femmine.

Clinica

Vi è una considerevole varietà nel decorso. L’andamento più frequente è rappresentato dall’instabilità cronica nella prima età adulta, con episodi di grave discontrollo affettivo e impulsivo ed elevati livelli nell’uso di servizi sanitari e di salute mentale. La compromissione e il rischio di suicidio sono maggiori in età giovanile e diminuiscono con l’età. Gli individui che affrontano l’intervento terapeutico spesso mostrano un miglioramento che talvolta inizia nel primo anno.

Cenni patogenitici

Il substrato neuronale sottostante il disturbo di personalità borderline sembrerebbe essere una disfunzione frontolimbica. Tale disfunzione è associata ad un’alternata regolazione delle emozioni e ad un’alterata processazione della componente emotiva e affettiva del dolore. Sembra che questo disturbo di personalità sia correlato al maltrattamento infantile ed in particolare modo all’abuso sessuale e sia caratterizzato da un disturbo all’attaccamento. Pertanto diversi studi hanno approfondito il ruolo dell’ossitona. Anche l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene risulta essere alterato nei pazienti borderline, i quali presentano un’aumentata produzione di cortisolo e una ridotta sensibilità del sistema di feedback dell’asse.

Diagnosi

Viene affettata attraverso i criteri diagnostici.

Principi di trattamento

La psicoterapia viene associata con il trattamento farmacologico. Secondo la Cochran Review 2010 i farmaci non risultano efficaci per i seguenti sintomi: evitamento dell’abbandono, sentimenti cronicidi vuoto, disturbi dell’identità e dissociazione. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che questi sintomi potrebbero non essere trattabili con gli interventi farmacologici, piuttosto con la psicoterapia.

I farmaci utilizzati sono antipsicotici di prima e seconda generazione, stabilizzanti dell’umore, antidepressivi e supplementazione di acidi grassi omega 3. Le psicoterapie che dispongono attualmente di maggiori evidenze di efficacia nel trattamento del disturbo borderline di personalità sono la terapia basata sulla mentalizzazione (MBT), la terapia dialettico-comportamentale (BDT) e la più recente psicoterapia interpersonale adattata al disturbo boderline (IPT-DBP).

Ruolo dell’ipnosi nelle psicosi e nel disturbo borderline di personalità

A metà degli anni ’90 diversi autori cominciano a supportare l’idea che l’ipnosi possa essere utilizzata con beneficio nei pazienti psicotici e borderline. Questi pazienti risultano ipnotizzabili, secondo alcuni in misura inferiore ai soggetti normali, secondo altri nella stessa misura anzi con valori superiori se si è costruita una precedente relazione con i pazienti stessi (ruolo nella suscettibilità ipnotica della componente relazionale dell’ipnosi).

Tecniche ipnotiche

Le tecniche utilizzate specificamente con i pazienti borderline e psicotici sono quelli di seguito riportati.

Ipnosi come rilassamento: per la riduzione dell’ansia e della distraibilità.

Ipnosi per il rafforzamento dell’Io: che può indurre “resistenze”, laddove il rafforzamento dell’Io deve essere trattato come area critica.

Ipnosi per raggiungere insight: in quanto l’ipnosi consente di ridurre i sentimenti di colpa, l’ansia e la censura e di esperire i propri sentimenti dando loro un modo.

Sogno ipnotico: particolarmente efficace quando associato al rilassamento in quanto in genere produce più materiale simbolico da utilizzare nel disvelamento dei sentimenti e nello sviluppo di insight.

Cambiamenti nell’immaginario: possono essere utilizzati quando immagini negative prendono corpo in trance, trasformandole in qualcosa di positivo. Una volta avvenuta la trasformazione, questa non sarà in grado di modificare la realtà, ma consentirà di lasciar andare gli inutili sentimenti negativi che si sono generati a seguito di fatti reali. Ogni qualvolta avviene questa trasformazione ne risulta un flusso di sentimenti positivi verso di sé.

Risultati clinici

Autoipnosi nei pazienti borderline e psicotici: dal momento che sia schizofrenici che borderline temono la perdita di controllo l’autoipnosi sembrerebbe essere più accettabile e dare risultati più positivi dell’eteroipnosi. È stata proposta anche come tecnica aggiuntiva all’interno di relazioni terapeutiche già in corso.

Autoipnosi per riduzione dell’ansia e rafforzamento dell’Io: i pazienti vengono incoraggiati ogni volta che cominciano a pensare a pensieri negativi a modificarli in senso positivo o almeno neutro.

Autoipnosi per catarsi ed insight: in aggiunta al lavoro di riduzione dell’ansia e di rafforzamento dell’Io, i pazienti sono anche incoraggiati ad utilizzare la loro trance liberamente per sviluppare insight, esperire catarsi e per riorganizzare e creare un immaginario nuovo e più soddisfacente. Un lavoro di uncovering, di consapevolezza viene maggiormente portato avanti dai borderline piuttosto che dai pazienti psicotici.

Uso dell’autoipnosi da parte del terapeuta: lo stato di trance può anche essere utilizzato dal terapeuta per diventare più empatico e assisterlo nel compito di decodificare e definire il sentire del paziente dal quale il paziente stesso si difende o non ha definito o verbalizzato. Nel lavorare con i pazienti schizofrenici e borderline questo è particolarmente utile dal momento che uno dei loro maggiori problemi è quello di identificare i propri sentimenti.

Autoipnosi di pazienti altamente empatici: i pazienti borderline e schizofrenici possono aver usato l’autoipnosi spontaneamente per molti anni e possono possedere alcune delle abilità empatiche di un terapeuta allenato. Nel caso di pazienti, comunque, questa abilità generalmente conduce ad una grande confusione nella percezione, nel pensiero e nell’interazione. Il lavoro del terapeuta può servire ad aiutarli a capire le loro complesse percezioni e separare i loro livelli di percezione e comunicazione.

La tecnica del sogno ipnotico: nei pazienti borderline e psicotici il sogno può essere suggerito in trance: evoca contiguità positiva con il terapeuta, sottolinea  la continuità dell’esperienza che lega vari aspetti del mondo interno ed esterno. Inoltre la possibilità di introdurre nei propri sogni ipnotici figure che possano fornire sostegno contro il materiale di cui il paziente è spaventato permette al paziente di proteggersi contro la possibilità di scivolare nella psicosi. La tecnica fornisce un notevole controllo al paziente sia mediante l’utilizzo dell’autoipnosi sia per il contenuto dei sogni generati, che sono esclusivamente del paziente. Suggerimenti del terapeuta possono essere rivolti alla trasformazione del materiale, ma la modalità e il contenuto sono scelti dal paziente stesso, il quale, attraverso la comunicazione dei sogni, incontra i suoi sentimenti e li condivide con un’altra persona.

Ipnosi come mezzo si integrazione della personalità: dapprima ai pazienti viene insegnata una tecnica di rilassamento e viene chiesto di praticarla a casa. Una volta che sono in grado di rilassarsi durante la sessione di terapia, viene loro chiesto di avere immagini visive delle rappresentazioni conflittuali di loro stessi. Dopo che chiare immagini sono emerse e discusse, sono incoraggiati ad integrarle. Alla fine viene loro chiesto: “ Chi sta guardando?” o domande simili pensate per elicitare una risposta riguardo ad un self unificato. Questa tecnica ricorda quella utilizzata nel trattamento dei disordini multipli di personalità. Da ricordare che la rappresentazione separata del sé è considerata da diversi autori (Kernberg, Masterson) avere un ruolo maggior  nella costituzione della personalità borderline.

Ipnosi come fenomeno transizionale: è stato suggerito che l’esperienza ipnotica sia essa stessa un fenomeno transizionale, ovvero un processo che si evolve “sul limite” interno ed esterno e nella realtà dei “soggetti sovrapposti”, paziente e terapeuta. Questo è un processo interattivo, intrapreso e potenziato da entrambi i membri della diede terapeutica e a cui viene data forma con le esperienze soggettive di entrambi.

Controindicazioni, precauzioni e profilo di sicurezza

Come sottolineato da Scannelli (1976) esistono alcune criticità nell’utilizzo dell’ipnosi in pazienti schizofrenici e borderline ovvero quelli di seguito elencati.

Paura della perdita di controllo: può essere arginata permettendo la trance ad occhi aperti o suggerendo di aprire gli occhi quando ritenuto necessario per “controllare la situazione”. Viene inoltre sottolineato il fatto che verrà insegnata l’autoipnosi la quale potrà aumentare il grado di controllo sulla propria mente, sul proprio corpo e in certa misura sull’ambiente esterno. La paura della perdita di controllo si manifesta soprattutto all’inizio, ma può ricorrere in alcuni casi durante la terapia.

Paura della vicinanza: con il procedere della terapia ipnotica la paura dell’intimità, data la maggiore prossimità del terapeuta, aumenta, andandosi a mescolare con la paura della perdita di controllo. Questa paura, riferisce Scagnelli, risulta meno facile da gestire rispetto alla poco definita e superficiale paura di perdita di controllo all’inizio della terapia. La strategia è quella di permettere la massima libertà al paziente permettendogli di distanziarsi fino a lasciare il terapeuta o l’ipnosi. Quando questo avviene, il paziente generalmente ritorna mostrando meno paura per la vicinanza e la perdita di controllo. Un’altra faccia di questa paura è la paura di riuscire ad avvicinarsi e poi di perdere la persona amata e di cui si ha bisogno.

Alcune delle tecniche  utilizzate allo scopo di risolvere queste paure sono:

-    il terapeuta mostra di non temere la vicinanza e di non essere spaventato dalla psicosi del paziente o dai suoi intensi bisogni;  

-    il terapeuta mostra abilità nel definire il limite della propria disponibilità a rispondere ai bisogni del paziente senza essere risentito o sovraccaricato, in modo da non doverlo allontanare come difesa;  

-    infine una possibile tecnica per la gestione della paura della vicinanza è quella di dare specifiche e chiare risposte riguardo alla sua permanenza come terapeuta. 

Paura di perdere la visione negativa di sé: la visione negativa di sé per quanto infelice, rappresenta per questi pazienti una visione più sicura, familiare e confortevole. Per arginare la resistenza bisogna lasciare la massima permissività nella velocità del raggiungimento di una più positiva visione di sé, talvolta suggerendo una visione più positiva della precedente, ma non positiva in senso assoluto.

Conclusioni sull’ipnosi nel trattamento della psicosi e disturbi di personalità

Livello di efficacia dell’ipnosi nei pazienti borderline sembra essere globalmente positivo. Tuttavia si tratta di raccolte di pochi casi, benché dettagliatamente descritti. Mancano studi controllati. Nei pazienti definiti schizofrenici dagli autori esistono casi riportati di successi, ma anche di ricadute in senso psicotico. Tali ricadute inducono a non raccomandare l’utilizzo dell’ipnosi nei pazienti psicotici, come dimostrato da fatto che una storia di psicosi e di “malattia mentale severa” controindicano l’arruolamento in studi controllati in cui si utilizza l’ipnosi come pratica terapeutica.