Ipnosi applicazioni 1

IN QUESTA AREA DEL SITO

In quest'area del sito sono riportate le applicazioni terapeutiche dell'uso dell'ipnosi edite sul "Blue Book. La guida all'ipnosi evidence based", di Giuseppe De Benedittis, Claudio Mammini, Nicolino Rago (Franco Angeli, 2018).

I testi in colore blu aggiunti all'interno dei singoli box sono considerazioni personali in ragione della mia esperienza professionale   -  Dott. Walter Comello

“Lasciando da parte le nostre opinioni metalliche, dobbiamo far rientrare nella descrizione clinica lo studio psicologico di un malato e dobbiamo indagare minuziosamente le relazioni dei fenomeni psicologici fra loro così come le loro relazioni con i fatti fisiologici. Solo così la medicina potrà raggiungere la conoscenza dell’uomo nella sua interezza e comprendere che interessano solo l’organismo. […] Il metodo osservativo svolge un ruolo fondamentale in queste ricerche. […] Esaminare gli atti e le parole è ancora il metodo migliore per conoscere gli uomini.” 
                                                                                                                                            Pierre Janet, 1911

 

Prefazione

L’ipnosi è la più longeva di tutte le psicoterapie e, nonostante una popolarità altalenante, caratterizzata da periodi di grande diffusione ed altri di apparente abbandono, ha conosciuto negli ultimi decenni una rinnovata giovinezza.
Lo sviluppo della cosiddetta “nuova ipnosi”, per merito soprattutto di Milton Erickson, con l’introduzione di nuove, più sofisticate tecniche d’induzione indiretta e l’importante ricaduta delle neuro-scienze, che hanno contribuito a lucidare molti dei meccanismi dell’ipnosi e dei suoi effetti (e.g., analgesia ipnotica), hanno dato nuovo slancio e dignità clinica e scientifica al mezzo ipnotico. Numerosi studi controllati e meta-analisi hanno sancito l’efficacia dell’ipnosi in numerose patologie d’interesse medico e psicologico (e.g., dolore acuto e cronico, colon irritabile, disturbi d’ansia, ecc.) sulla base dell’evidenza clinica.
L’ipnosi non soltanto è stata riconosciuta come uno strumento efficace e sicuro nel trattamento di numerose sindromi cliniche, ma negli ultimi anni sempre più è stata utilizzata al di fuori della comunità ipnotica come uno strumento fisiologico e affidabile di indagine del sistema nervoso centrale. Una sorta, dunque, di prezioso “scandaglio”, che ha accresciuto significativamente le nostre conoscenze nel campo. È questa davvero una rivoluzione copernicana.
La nuova ipnosi ha naturalmente avuto un poderoso impatto sull’interesse clinico e mediatico che da sempre lo strumento ipnotico ha suscitato. Ma a fronte della accresciuta sensibilità all’impiego del mezzo ipnotico in ambito clinico, con conseguente, significativo incremento delle richieste da parte di pazienti e operatori sanitari, si deve registrare la mancanza di un’adeguata informazione a livello divulgativo nonché la difficoltà, da parte dell’utenza finale, di selezionare e reperire l’operatore professionale appropriato per un determinato problema clinico.   De Benedictis

Studi di efficacia e Evidence Based Medicine

I ricercatori che operano nel campo della neuro psicofisiologia hanno numerose tecnologie che adoperano proficuamente per studiare il cervello in ipnosi (PET,rCBF, fRMI, EEG) ma una rassegna completa andrebbe oltre gli scopi del presente contributo (l’International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis si è occupato della validazione empirica in tre numeri, 2000, 48.2, 48.3, 48.4).

Tra gli studi interessanti occorre certamente ricordare quelli sull’analisi della frequenza tramite EEG (Yapko, 2003, p. 42) che suggeriscono una correzione tra suscettibilità ipnotica e banda di frequenza theta e la cosiddetta “banda 40 Hz”, un particolare ritmo ad alta frequenza e bassa ampiezza associato all’attenzione focalizzata; quelli su EEG e potenziali evocati evento correlati “che confermano l’ipotesi che in ipnosi vi siano modificazioni identificabili della coscienza” (Yapko, 2003, p. 43); e quelli con la PET, nei quali si evidenzia che il cervello dei soggetti in ipnosi risponde positivamente alle esperienze suggerite piuttosto che a quelle effettivamente percepite (Yapko, 2003, p. 44).

La terapia ipnotica ha oramai ottenuto numerosi riconoscimenti in campo scientifico, soprattutto nelle declinazioni applicative in ambito medico, psichiatrico e psicoterapeutico tanto che Nash (2000) la considera “tra le più accurate modalità di intervento che siano basate sulla ricerca” e Barabasz (2010) “superiore a una gran quantità di procedure standard di trattamento”.

Dal 1892 la British Medical Association (Needham, Outterson, 1892), così come dal 1955 l’American Medical Association (Kennedy, 1955), ne riconosce ufficialmente l’efficacia suggerendone l’insegnamento a medici, psichiatri e psicoterapeuti quale parte integrante delle loro pratiche convenzionali.

Più recentemente l’American Psychological Association, nella revisione del 2009 (Spiegel D., Spiegel H., 2009) del Position Statement del 1961, afferma che l’ipnosi è uno strumento specifico del rapporto medico paziente, pur mantenendo una certa cautela nel definirla terapia.

Del resto sembra oramai abbastanza evidente che non si tratti di placebo (VanDyck, Hoogduin, 1990; Raz, 2007) ed è altrettanto palese che non vi sia ancora chiarezza su cosa debba intendersi col termine “psicoterapia” (Omer, 1987). Tuttavia risulta appurato che, nel 90% dei casi circa, una qualsiasi forma di psicoterapia produce miglioramento nel paziente (dato tratto dal più ampio studio di efficacia sulle psicoterapie finora pubblicato - sviluppato nel 1995 in America su 7000 soggetti - Srligman, 1995) rispetto al non seguire alcuna psicoterapia, mentre pare sempre più manifesto l’effetto terapeutico delle strategie ipnotiche applicate all’interno di una qualsiasi psicoterapia (Thurman, 1982; Kirsch, 1996; Lynn, Hallquist, 2004).

Inoltre, per quanto riguarda la terapia ipnotica in quanto tale, una delle più recenti, ampie, metanalisi (Wark, 2008) ne individua chiara efficacia.

In senso generale, i dati convergono sulla chiara efficacia: nell’ansia generale (Golden, 2012); in quella sociale (Lipsitz, Marshal, 2001); nel disturbo post traumatico da stress (Abramovitz, Bonne, 2001); nelle fobie generali (Sommer,1995; Willemsen, 2003); nella depressione (Alladin, Allibrai, 2007; Kirsch, Low, 2013); nei disturbi del sonno (Becker, 2015); nei disturbi alimentari (Kirsch, 1996) come: obesità (Faith, 1996), anoressia (Roy, 2014; Walsh, 2008; Baker, Nash, 1987; Vanderlinden, Vandereycken, 1988) e bulimia (Barabasz, 2012); nelle disfunzioni sessuali (Lemke, 2005; Chiasson, 1992; Gilmore, 1987); nelle dipendenze generali (Potter, 2004) o specifiche, come per esempio quelle da metadone (Manganiello, 1984), cocaina, eroina, marijuana e altre droghe (Kaminsky et al., 2008; Page, Handley, 1993), alcool (Potter, 2004) o tabacco (Baber, 2001; Ahijevych et al., 2000); nel dolore acuto e cronico (Dahlgren et al., 1995; Patterson, Jensen, 2003; De Benedittis, 2013a, 2013b) utilizzando la potenzialità dell’analgesia ipnotica, come per esempio: nella fibromialgia (Wic et al., 1985), nell’artrite reumatoide (Domangue et al, 1985), nel dolore da ustioni gravi (Patterson, Ptacek, 1997) in quello da parto (Harmon et al., 1990; Schwartz, 1963); nel mal di testa muscolo tensivo (Melis et al., 1991), nell’emicrania (Anderson et al., 1975); nelle patologie tumorali (Spiegel, Bloom, 1983; Siegel et al., 1989) e nel trattamento della nausea/vomito da chemioterapia (Zelter et al., 1984; Cotanch et al., 1985); in chirurgia (Montgomeny et al., 2002; Facco et al., 2013); in gastroenterologia generale (Palsson, Whitehead, 2013); nella sindrome del colon irritabile (Whorwell et al., 1984); in dermatologia generale (Phoenix, 2007), come per esempio nello specifico campo della psoriasi (Kantor, 1990) o dell’alopecia areata (Willemsen et al.,2011); in ematologia (Swisky-Saccetti, Margolis, 1986); nel trattamento dell’ipertensione (Kebecs et al., 2016; Schwickert et al., 2006); in odontostomatologia (Jugé, Tubert-Jeannin, 2013); nella medicina d’emergenza (Peebles-Kleiger, 2000).

Controindicazioni, precauzioni e profilo di sicurezza

In passato la letteratura qualificata si è concentrata sopratutto nella possibilità che l’ipnosi venga utilizzata per costringere le persone a mettere in atto comportamenti devianti o antisociali oppure che causi psicosi, spinga al suicidio o privi le persone delle loro difese.

“Ricercatori e terapeuti, dopo tanti anni di studi e osservazioni, concordano ampiamente sul fatto che l’ipnosi in sé non espone a alcun tipo di rischio se viene applicata correttamente da un terapeuta in possesso di adeguata formazione” (Yapko, 2003, p. 217).

Tuttavia, benché l’ipnosi possa essere applicata in maniera competente e esperta a vantaggio del cliente, può anche essere usata in modo potenzialmente dannoso (Yakpo, 2003, p. 216; Hambleton, 2005).

I problemi non emergono dall’ipnosi in sé ma dai principi etico-morali dell’operatore che, per ignoranza o malafede, può adoperarla per raggiungere obiettivi incongrui con la salute dell’individuo o impropri rispetto al motivo del trattamento.

Per questo motivo è molto importante che si tratti di un medico o di uno psicologo opportunamente formato attraverso un percorso di specializzazione universitaria post-laurea in psicoterapia ipnotica.

Affidarsi a personale privo di competenze certificate implica, nella migliore delle ipotesi: l’insorgere  di problemi connessi alla mancata conoscenza delle dinamiche psichiche emergenti, delle ricadute sul piano del comportamento umano, dei modelli d’interazione mente corpo e degli effetti del trattamento sul breve, medio e lungo periodo; nella peggiore delle ipotesi: immediate ricadute negative sul piano della salute mentale e fisica del cliente.

Trattandosi d’intervento sulla psiche dell’individuo, vale il principio etico di Martin Orne (1965) secondo cui: chi non è qualificato per trattare un problema senza ipnosi significa che non è qualificato per trattarlo neppure con l’ipnosi.