Dolore acuto e cronico

Dolore acuto e cronico

Il dolore è definibile come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di tale danno”.

Il dolore acuto è un dolore fisiologico, normale, proporzionale all’intensità della stimolazione nocicettiva (dolorifica), espressione di un meccanismo protettivo di difesa e cessa con la rimozione/guarigione della causa che l’ha prodotto.

Il dolore cronico invece è un dolore patologico, di durata superiore ai 6 mesi o persistente oltre la guarigione della malattia, non proporzionale all’intensità della stimolazione nocicettiva o del tutto indipendente dalla stimolazione stessa. Non ha alcun significato funzionale. È il dolore-malattia contrapposto al dolore-sintomo.

Quale ne sia la causa, il dolore cronico può compromettere la vita sociale, le capacità fisiche, emozionali, e lavorative di chi ne soffre.

Epidemiologia

Il dolore, soprattutto cronico, è la causa più comune di sofferenza e di ricorso al medico. La prevalenza del dolore cronico, nelle sue diverse manifestazioni cliniche, è molto elevata, configurando una vera e propria pandemia che interessa oltre il 25% della popolazione generale. È generalmente più comune nel sesso femminile e non risparmia alcuna fascia di età.

Clinica

Le sindromi dolorose croniche possono essere diversamente classificate in rapporto alla sede anatomica del dolore ed ai meccanismi patogenetici. Le sindromi più comuni sono: a) cefalee croniche primarie (e.g., cefalea di tipo tensivo, emicrania con o senza aura); b) algie oro-facciali (e.g., nevralgia del trigemino, sindrome dell’articolazione temporo-mandibolare); c) mal di schiena, nelle sue diverse espressioni (e.g., cervicalgia, low back pain o lombosacralgia); d) dolore neuropatico (e.g., herpes zoster e nevralgia posterpetica, polineuropatie); e) fibromialgia e algie miofasciali; f)dolore oncologico.

Cenni patogenetici

Il dolore, sia acuto che cronico, ha un’architettura morfo-funzionale particolarmente complessa e sofisticata che utilizza meccanismi non solo periferici di trasmissione degli impulsi nocicettivi (i.e., dolorifici) ma anche centrali, di elaborazione dello stimolo periferico e di risonanza affettiva dello stesso. Per questo il dolore non può essere riconducibile ad un fenomeno esclusivamente sensoriale, ma è composto di una componente percettiva (la nocicezione, relativa all’intensità e qualità del dolore), di una importante componente motivazionale-affettiva (ovvero la sofferenza) ed una componente cognitiva. L’esperienza del dolore è il risultato delle complesse e variabili interazioni tra le diverse componenti.

Sul piano patogenetico, distinguiamo: il dolore nocicettivo o fisiologico (compare in seguito ad un trauma o a uno stato nocicettivo da patologie somatiche, quali infiammazioni, neoplasie, processi degenerativi, ecc., ed è responsivo ai comuni farmaci analgesici ed agli oppiacei);

il dolore neuropatico o da deafferentazione (dolore patologico associato ad una lesione primaria o ad una disfunzione periferica e/o centrale del sistema nervoso), non responsivo a FANS od oppiacei; il dolore misto (presenta caratteristiche e comuni al dolore nocicettivo ed al dolore neuropatico).

Diagnosi

La diagnosi del dolore cronico si basa essenzialmente sulla raccolta puntuale dell’anamnesi clinica, sulla descrizione, da parte del paziente, delle caratteristiche salienti del dolore e su una accurata obiettività fisica e neurologica. La diagnosi si fonda dunque su parametri clinici, ma possono essere di ausilio (anche con finalità di diagnostica differenziale) esami strumentali (come tecniche neuroimaging) e psicopatologici.

Principi di trattamento

Il variegato e complesso armamentario di terapie per il dolore acuto e cronico esula dalle finalità di questa breve trattazione. I principali strumenti impiegati sono: farmacoterapie, sintomatiche e/o preventive, metodiche anestesiologiche (e.g., blocchi nervosi), metodiche di neurostimolazione, o più raramente di neurolesione (e.g., neurochirurgiche), fisioterapie e metodiche psicofisiologiche (e.g., ipnosi, terapie cognitivo comportamentali). Perché il trattamento del dolore cronico risulti efficace è spesso necessario un approccio multimodale, con più strumenti terapeutici sinergicamente utilizzati per affrontarne le diverse e complesse problematiche.

Una delle più antiche e consolidate applicazioni cliniche dell’ipnosi riguarda il controllo del dolore.

Meccanismi dell’analgesia ipnotica

Se vi è un generale consenso sull’efficacia dell’analgesia ipnotica, i suoi meccanismi d’azione rimangono ancora largamente sconosciuti. Tuttavia numerosi studi di elettrofisiologia e di neuroimaging in questi ultimi anni hanno chiarito molti dei meccanismi dell’analgesia ipnotica. L’ipotesi agirebbe nel controllo del dolore attraverso una complessa, flessibile e gerarchicamente organizzata modulazione cognitivo-affettiva dell’esperienza dolorosa, esercitata a differenti livelli del sistema nervoso centrale e periferico. La componente cognitivo-affettiva del dolore sarebbe meglio controllata di quella sensoriale, ovvero l’intensità dello stimolo dolorifico è meno modulata della sofferenza che vi si accompagna.

Indicazioni cliniche

L’ipnosi può essere impiegata sia nel dolore acuto che in quello cronico. Già nella prima metà dell’800, prima dell’introduzione del cloroformio e dell’invenzione della moderna anestesiologia, l’ipnosi era stata largamente impiegata come unico anestetico in chirurgia generale. Attualmente l’impiego dell’ipnosi in anestesia chirurgica è fortemente limitato dalla elevata suscettibilità ipnotica richiesta (prerogativa del 10-15% della popolazione generale) e dalla sviluppo ed affidabilità delle moderne metodiche anestesiologiche. Vi sono tuttora indicazioni cliniche speciali che contemplano l’uso dell’ipnosi (interventi di piccola/media chirurgia, intolleranza/allergie ad anestetici, ecc).

Nell’ambito del dolore acuto, le principali indicazioni cliniche riguardano: a) il dolore post-operatorio; b) il dolore da travaglio di parto; c) il dolore odontoiatrico; d) il dolore nei grandi ustionati (generalmente molto suscettibili all’ipnosi); e) il dolore “procedurale”, ovvero quello conseguente a procedure diagnostico-terapeutiche invasive e dolorose (e.g., puntato sternale, medicazioni dolorose, venopuntura, ecc.).

Ma è soprattutto il dolore cronico il principale ambito di applicazione clinica dell’ipnosi, anche in considerazione del fatto che non è richiesta una elevata suscettibilità ipnotica per ottenere risultati terapeuticamente rilevanti. L’ipnosi non soltanto è in grado di alleviare il dolore, ma anche di modulare positivamente i concomitanti psicopatologici (e.g., ansia, depressione), la qualità del sonno e della vita in generale. Inoltre, unitamente all’autoipnosi, offre al paziente la possibilità di autocontrollo della propria sofferenza, non più dominante ma finalmente domata.

L’ipnosi è in grado di controllare, da sola o in associazione con farmaci, la maggior parte delle sindromi dolorose croniche. Le principali indicazioni cliniche riguardano: a) cefalee croniche primarie (e.g., cefalea di tipo cronico tensivo ed emicrania); b) algie  oro-facciali (e.g., sindrome dell’articolazione temporo-mandibolare, bruxismo, sindrome della “bocca urente”); c) algie muscolo-scheletriche distrettuali (e.g., miofasciali) o diffuse (e.g., fibromialgia) d) mal di schiena (low back pain) aspecifico (ovvero non dipendente da patologie quali ernia discale, ecc.); e) dolore neuropatico (e.g., arto fantasma doloroso); f) dolore oncologico (nel quale l’ipnosi si configura come una vera e propria terapia palliativa in grado di controllare anche altri sintomi, quali nausea, depressione, ecc.); g) dolori viscerali e urogenitali ; h) dolore “psicogeno”.

Tecniche ipnotiche

Si distinguono tecniche di rimozione diretta del sintomo-dolore e tecniche di rimozione indiretta. Le tecniche di rimozione diretta utilizzano generalmente suggestioni che, tramite un opportuno condizionamento ideosensoriale, inducono un’anestesia a guanto nella zona interessata. Utili in caso di dolore acuto , queste metodiche risultano frequentemente insoddisfacenti nei casi, ben più complessi, di dolore cronico. In questi ultimi sono sicuramente da preferirsi le strategie miranti ad una rimozione indiretta del sintomo, più efficaci nel superare le resistenze non di rado presenti in questi pazienti. Se da un lato è irrealistico e rischioso pretendere l’abolizione del dolore, dall’altro lato è saggio consentire una certa quota di sintomo residuo o una sostituzione dello stesso, in quanto è sovente economicamente utile per il paziente sul piano psicodinamico. Altra considerazione fondamentale è quella di personalizzare la tecnica, adeguandola ai bisogni profondi del paziente ed alle caratteristiche peculiari dell’esperienza del dolore. Ancora più che nella manipolazione del dato sensoriale, l’approccio ipnotico si rivela prezioso per stabilire un contesto terapeutico privilegiato e capace di operare significativi cambiamenti a diversi livelli del “sistema del dolore” nell’ambito di un approccio multimodale.

In casi selezionati, nei quali il dolore sia l’espressione dei conflitti inconsci (e.g., dolore “ psicogeno”) è consigliabile l’ipnoanalisi. L’impiego dell’ipnosi nell’ambito di un approccio ad orientamento analitico utilizza la regressione di età come strumento principe per esplorare e risolvere il conflitto alla base della sintomatologia dolorosa. Conseguentemente, richiede soggetti altamente ipnotizzabili. Il successo dell’ipnoanalisi si accompagna solitamente a guarigione completa e definitiva della sintomatologia in atto. Ove possibile, le tecniche di autopiloti affiancano efficacemente il lavoro eteroipnotico, proteggendo e, se necessario, incoraggiando, le esigenze di relativa non-dipendenza del paziente nei riguardi del terapeuta.

Risultati clinici

Quanto è efficace l’analgesia ipnotica? Fino a non molto tempo fa, gli studi disponibili in letteratura erano scarsi, aneddotici e di insufficiente qualità metodologica. Ma negli ultimi anni, la pubblicazione crescente di studi controllati ha reso possibili i primi studi meta-analitici che indicano come l’ipnosi sia efficace mediamente nel 50-75% dei pazienti con dolore acuto e cronico, a seconda delle casistiche e delle tipologie di dolore, decretando l’analgesia ipnotica come una metodica valida, affidabile e ben consolidata. Il trattamento, specie nel dolore cronico, richiede spesso orizzonti temporali di medio-lungo termine per produrre risultati significativi e duraturi nel tempo.

Controindicazioni, precauzioni e profilo di sicurezza

In mani esperte, l’ipnosi è una metodica dotata di elevata sicurezza e sostanzialmente priva di effetti collaterali. Non si riscontrano controindicazioni assolute nell’uso dell’ipnosi in algologia, ci sono, invece, una serie di controindicazioni relative.

L’ipnosi è sconsigliata nei casi di dolori parossistici (ad es., nevralgia del trigemino, cefalea a grappolo) in quanto i pazienti con dolori acutissimi sono scarsamente responsivi al mezzo ipnotico; nei casi di pazienti che presentano motivazioni inadeguate, aspettative dereistiche e/o cospicui “vantaggi secondari” (ad esempio, pazienti che ricavano dalla propria malattia un vantaggio relazionale, coloro che hanno fatto richiesta di indennità economiche, ecc.).

È necessario, inoltre, che il trattamento ipnotico sia preceduto da adeguati accertamenti diagnostici.

Considerazioni conclusive sull’ipnosi nel controllo del dolore

Livello di efficacia dell’ipnosi (evidence based): elevato nel dolore acuto e cronico.

Non indicata generalmente nel dolore chirurgico.