Disturbo di conversione

Disturbo di conversione

Il disturbo di conversione è contraddistinto dalla presenza di sintomi fisici che fanno ipotizzare l’esistenza di una condizione neurologica o medica correlata a fattori psicologici. Per descrivere i sintomi del disturbo di conversione vengono sovente utilizzati i termini alternativi di “funzionale” (riferendosi a un funzionamento anormale del sistema nervoso centrale) o “psicogeno” (riferendosi ad una eziologia presunta).

Epidemiologia

I sintomi di conversione transitori possono essere riscontrati abbastanza frequentemente. Non è però facile stimare il numero dei casi di questa malattia, anche perché la diagnosi richiede spesso diverse valutazioni diagnostiche. L’incidenza dei singoli sintomi di conversione permanente è stimata a 2-5/100.000 casi l’anno.

Clinica

Nel disturbo di conversione si possono presentare uno o più sintomi di alterazione della funzione motoria volontaria e sensoriale.

I sintomi includono: debolezza o paralisi; movimenti anomali, come tremore, movimenti distonici; anomalie dell’andatura; sintomi sensoriale quali alterata, ridotta o assente sensibilità cutanea, della visione, o dell’udito; attacchi epilettiformi o convulsioni; sintomi riguardanti l’eloquio come disfonia, disartria, sensazione di un nodo alla gola.

Non esiste attualmente  una teoria eziologica univoca e chiara per questo disturbo. Studi psicoanalitici affermano che un trauma infantile possa essere alla basi di questi disturbi: la frammentazione delle funzioni mentali sarebbe il risultato di qualcosa che la coscienza non può accettare e che quindi viene relegato nell’inconscio.

Molti studi, sebbene non tutti siano completamente concordi, ritengono che il conflitto, che deriva da esperienze traumatiche, sia alla base dei disturbi di conversione. Se si guardano i conflitti da un punto di vista neurofunzionale, questi sembrano intensificare l’attività della corteccia cingolata  anteriore e ciò può portare gravi perturbazioni in tale regione che è la sede dell’integrazione delle cognizioni, delle emozioni e della pianificazione motoria. In questo modo il conflitto è capace di attivare una “dissociazione somatica”, cioè una segregazione tra le funzioni cognitive, volitive e motorie (Loriedo et al., 2010). Alcuni autori hanno proposto di inserire il disturbo di conversione tra i disturbi dissociativi, poiché entrambi i gruppi presentano alti tassi di traumi e condividono i processi sottostanti (van der Hart et al., 2004).

Loriedo (Loriedo et al, 2011) ha osservato che le famiglie, in cui c’è un membro che soffre di un disturbo di conversione, presentano una modalità relazionale denominata “relazione narrativa”. Essa è caratterizzata da modelli di comunicazione centrati sulla presenza di “segreti”; una facciata fantastica e drammatica costruita sugli eventi di vita quotidiana; una tendenza pervasiva a trasformare tutte le esperienze in una narrazione da essere raccontata continuamente.

Criteri diagnostici

La diagnosi richiede che il sintomo o il deficit non siano meglio spiegati da un altro disturbo medico o mentale. I sintomi, inoltre, devono causare un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti della vita della persona (DSM-5,2014).

Principi di trattamento

In letteratura per questi disturbi vengono indicati trattamenti farmacologici spesso focalizzati sulla riduzione di sintomi secondari quali ansai e depressione, la psicoterapia (individuale e/o familiare) e l’ipnoterapia.

Indicazioni cliniche

Per quanto riguarda l’uso dell’ipnosi nel trattamento del disturbo di conversione, è stato messo a punto un protocollo ipnotico ultra breve (Loriedo et al., 2010) focalizzato sulla risoluzione dei sintomi che producono le limitazioni funzionali più importanti, attraverso il lavoro sul conflitto soggiacente. Il numero delle sedute varia da uno a tre, con cadenza quindicinale o mensile. Le sedute sono precedute da uno/due colloqui preliminari per l’intervista anamnestica e per l’identificazione del conflitto di base.

L’intervento ipnotico nei disturbi di conversione può essere inserito  in una prospettiva sistematica (Loriedo et al., 2011): attivare un cambiamento nelle interazioni reciproche, che connettono membri della famiglia a ogni altro membro, diventa essenziale per ottenere gli obiettivi terapeutici.

L’induzione dell’ipnosi con una coppia o una famiglia consente l’attivazione di cambiamenti spontanei e sistemici. Le risposte reciproche che compaiono spontaneamente in ipnosi possono essere reindirizzate per ridurre o risolvere i conflitti interpersonali o i fraintendimenti.

Tecniche ipnotiche

L’intervento ipnotico individuale, secondo il protocollo di Loriedo e coll. (2010), viene impostato sulla base dei conflitti emersi durante i colloqui preliminari e si fonda sull’uso di tecniche indirette, di strategie flessibili in base al tipo di disturbo e alle dinamiche del conflitto in atto.

Le risorse personali del paziente, costituite dal patrimonio di vita e di esperienza, vengono utilizzate nell’ambito dell’intervento ed assumono un valore determinante.

Un altro aspetto basilare dell’intervento è la definizione del conflitto di base: i disturbi fisici non sono una generica risposta allo stress, ma riflettono disagi e conflitti che superano la capacità del soggetto di gestirli. Il sintomo divine, quindi, metafora di ciò che il paziente sta vivendo.

L’intervento ipnotico nei disturbi di conversione può essere inserito in una prospettiva sistemica: nell’induzione dell’ipnosi con una coppia o una famiglia possono essere utilizzate sia tecniche dirette che indirette.

Risultati clinici

Gli studi controllati e randomizzati sono ancora poco numerosi, ma mostrano un effetto positivo dell’intervento ipnotico in pazienti con disturbo di conversione. Il miglioramento è misurato su un indice di osservazione dei sintomi comportamentali legati alla conversione, sulla base di un’intervista sulla disabilità, su alcuni indici che valutano il profilo psicopatologico. Il miglioramento è stato mantenuto al follow-up dopo 6 mesi (Moene et al., 2003; Loriedo et al., 2010). Inoltre, una meta-analisi (Flammer, 2007) condotta su ventuno studi clinici randomizzati e controllati per valutare l’efficacia dell’ipnosi nei disturbi da sintomi somatici (compreso il disturbi di conversione) ha indicato chiaramente che l’ipnoterapia è altamente efficace nel trattamento di questo tipo di disturbi.

Controindicazioni, precauzioni e profilo di sicurezza

La letteratura scientifica non sembra riportare dati che indichino controindicazioni dell’uso dell’ipnosi nel trattamento del disturbo di conversione.

Considerazioni conclusive sull’ipnosi nel disturbo di conversione

Livello di efficacia dell’ipnosi (evidence based): gli studi esistenti dimostrano che l’ipnosi è altamente efficace nel campo dei disturbi di conversione. Tuttavia sono ancora pochi gli studi clinici  randomizzati e controllati, spesso mancano misure di esito validate, per cui è difficile trarre conclusioni circa i potenziali benefici di interventi psicosociali, inclusa l’ipnosi. C’è, quindi, bisogno di ulteriori ricerche per ampliare la conoscenza dell’efficacia dell’ipnosi nell’ambito di questi disturbi.